mercoledì 27 maggio 2009

Vladimir Nikolic / VOICE-OVER

Intervista a Vladimir Nikolic
A cura di Emanuele Guidi


Vorrei focalizzare l’attenzione sul primo dialogo di Land Art in cui l’interlocutore, che sembra l’ospite di un programma televisivo o radiofonico parla di te (l'artista in questione), come di un artista che ha prodotto la sua ultima opera nel 2004. Un’opera, Death Anniversary, in cui tu hai ingaggiato una “piangitrice” professionista montenegrina per comporre e intonare un canto di cordoglio a Marcel Duchamp. Insieme, vi siete recati a Rouen, per onorarne la tomba. Dopo quattro anni hai elaborato una serie di opere in cui l'eredità di una certa scena concettuale è ancora molto forte. Tuttavia ho l'impressione che questi riferimenti non siano un modo di pagare un tributo a quei personaggi e a quei movimenti artistici...
Durante gli anni ‘90 e all’inizio del 2000, essere un artista dei Balcani significava nella maggior parte dei casi produrre opere investigando la realtà geopolitica, il passato comunista, il crescente nazionalismo, la guerra, le vittime, i sensi di colpa, ecc. Significava inoltre portare prove esotiche di anti-modernismo, tracce del patrimonio locale e dei costumi tradizionali, che sono tuttora reperibili nei paesi balcanici. Tutto ciò tendeva ad impostare un discorso sulla realtà locale con toni estremamente realistici. L’arte in questo caso era secondaria. Penso che si trattasse del risultato comune tra gli stereotipi che l’occidente aveva del mondo esterno, e della conseguente risposta degli artisti di area balcanica che hanno sfruttato l'opportunità di creare una carriera internazionale alimentando questi stereotipi. In questo senso Death Anniversary era il tentativo di ricostruire una situazione contraddittoria: nello stesso museo dove era possibile solitamente vedere i quadri di Mondrian, i ready-made di Duchamp o un’opera di Minimal Art, all’improvviso compariva la documentazione della macellazione degli agnelli e dei polli durante feste religiose in alcuni paesi dei Balcani o del Medio Oriente. Questo secondo me era mettere insieme le cose sbagliate nel posto sbagliato, ed è quello che ho cercato di riprodurre in occasione di Death Anniversary. Quanto può essere assurdo pagare una donna per piangere su una tomba che riporta un tale epitaffio: “Anyway, it’s always other people who die”? Quanto può risultare stridente associare un rituale pre-moderno al più apprezzato e riconosciuto rappresentante dell’arte contemporanea? Una piangitrice sulla tomba di Duchamp era l’ossimoro perfetto. Per come la vedo io, lo stesso genere di contraddizione si creava quando l’arte contemporanea balcanica veniva esposta in un museo o in una galleria occidentale. Ma questo era nel passato, altre parti del mondo sono attualmente quello che erano i 'Balcani', e ora finalmente si può parlare in generale di questioni estetiche, senza l’onere della provenienza geografica. Nei nuovi lavori, l'eredità della scena concettuale è intervenuta in seguito ad un incidente iniziale. Al momento possiedo una videocamera pessima e rivedendo i risultati delle prime riprese mi sembravano orribili. Quindi ho deciso di impostare la modalità in bianco e nero e il risultato mi è apparso migliore. Non ho voluto nascondere questo particolare e la rivelazione sta nel passaggio in cui Mark dice: "... forse non poteva permettersi una telecamera decente". L'immagine era ancora brutta, ma questa “bruttezza” è stata storicamente accettata dall’estetica - non si discute della qualità di produzione delle opere degli anni ‘70. Così, ho adeguato l’intento artistico alle penose condizioni tecniche. Penso che abbia funzionato, perché i dialoghi sono incentrati sul punto in cui i personaggi iniziano a discutere delle problematiche dell’arte contemporanea ed è interessante osservare la diatriba con gli occhi del passato. Immaginate due persone che dagli anni ’70 rivolgono uno sguardo al futuro, a ciò che accade oggi nell’arte contemporanea. Credo che sarebbero molto deluse, come lo sono io, e talvolta mi sembra di appartenere più al passato che non al presente. Quindi, forse, nella mie opere dopo tutto potrebbe esserci una sorta di tributo a quegli artisti e a quei movimenti.
read more on...